Foto credit: www.AllPosters.it Rabbino con scialle di preghiera. Dipinto di Isidor Kaufmann (1853-1821).
Una parabola per i capi del popolo
L’insegnamento di Cristo, benché rappresentato dal vino nuovo, non era una nuova dottrina ma piuttosto la rivelazione di ciò che era stato insegnato fin dal principio.
Disse loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo a un vestito vecchio; altrimenti strappa il nuovo, e il pezzo tolto dal nuovo non si adatta al vecchio. Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo fa scoppiare gli otri, il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma il vino nuovo va messo in otri nuovi, così tutti e due si conservano. E nessuno, che abbia bevuto vino vecchio, ne desidera del nuovo, perché: “Il vecchio è buono”». LUCA 5:37-39 (NR 1994).
PRINCIPALE SCOPO DELLA PARABOLA: questa parabola poneva l’accento sulla nuova dottrina di Gesù che non poteva essere compatibile con quella dei farisei e i capi del popolo ebreo perché loro “erano soddisfatti della propria giustizia e non desideravano che nessun elemento nuovo penetrasse nella loro religione”.
Ellen White commenta la parabola nel libro: La speranza dell’uomo, capitolo 28.
(Pag. 198) Gesù continuò a rispondere ai discepoli di Giovanni servendosi di una similitudine. Nessuno mette un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio; perché quella toppa porta via qualcosa dal vestito e lo strappo si fa peggiore” (Matteo 9:16). Non si dovevano mescolare al messaggio di Giovanni il battista tradizioni o superstizioni. Il tentativo di mescolare le pretese dei farisei con la pietà di Giovanni avrebbe soltanto messo in maggiore evidenza la loro frattura.
I princìpi dell’insegnamento di Cristo non si potevano neppure unire con le forme dei farisei. Cristo non era venuto per riparare le brecce prodotte dall’insegnamento di Giovanni; egli avrebbe addirittura reso più evidente la separazione fra il vecchio e il nuovo. Gesù illustrò ancora questa verità dicendo: “Neppure si mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti gli otri scoppiano, il vino si spande e gli otri si perdono” (vers. 17). Gli otri di pelle che venivano usati per il vino nuovo, dopo un po’ di tempo diventavano secchi e fragili e non si potevano più usare per lo stesso scopo. Con questa immagine Gesù illustrò la condizione dei capi del popolo. I sacerdoti, gli scribi e i capi si erano irrigiditi in una serie di cerimonie e tradizioni. I loro cuori si erano induriti come gli otri asciutti ai quali li aveva paragonati. Essendo soddisfatti di una religione formale, per loro era impossibile ricevere la verità del cielo. Erano soddisfatti della propria giustizia e non desideravano che nessun elemento nuovo penetrasse nella loro religione. (Pag. 199) Non consideravano come un dono, la benevolenza di Dio ma piuttosto come una conquista delle loro buone opere. La fede che opera mediante l’amore e purifica lo spirito non poteva accordarsi con la religione dei farisei, fatta di cerimonie e ordinamenti umani. Il tentativo di conciliare gli insegnamenti di Gesù con la loro religione era inutile. La verità vitale di Dio, simile a un vino in fermentazione, avrebbe lacerato il vecchio, mandando in rovina gli otri della tradizione farisaica.
I farisei si consideravano troppo saggi per avere bisogno di consigli, troppo giusti per aver bisogno di salvezza, troppo onorati per aver bisogno dell’onore che viene da Cristo. Il Salvatore si allontanò da loro per cercare altri che avrebbero ascoltato il messaggio del cielo. Nei pescatori ignoranti, nei pubblicani del mercato, nella donna di Samaria, nella gente comune pronta ad ascoltarlo, avrebbe trovato otri nuovi per il vino nuovo. Per l’opera del Vangelo ci si può servire solo di quegli uomini che ricevono volentieri la luce che Dio offre loro. Sono gli strumenti incaricati di diffondere al mondo la conoscenza della verità. Se acconsentono a trasformarsi, mediante la sua grazia, in otri nuovi, egli li riempirà di vino nuovo.
L’insegnamento di Cristo, benché rappresentato dal vino nuovo, non era una nuova dottrina ma piuttosto la rivelazione di ciò che era stato insegnato fin dal principio. Ma per i farisei la verità di Dio aveva perso il suo significato e la sua bellezza originali. Per loro l’insegnamento di Cristo era nuovo in quasi tutti i suoi aspetti e non lo riconobbero e non lo confessarono. Gesù fece notare che gli insegnamenti sbagliati distruggono ogni desiderio di verità. “E nessuno che abbia bevuto vino vecchio, ne desidera del nuovo, perché dice: Il vecchio è buono”. Tutta la verità che è stata data al mondo mediante i patriarchi e i profeti rifulge di una nuova bellezza nelle parole di Cristo. Ma gli scribi e i farisei non sentivano il desiderio di quel prezioso vino nuovo. Essendo pieni delle vecchie tradizioni e delle vecchie abitudini, non c’era posto nella loro mente e nel loro cuore per le parole di Gesù. Si aggrapparono alle forme morte e si allontanarono dalla verità vivente e dalla potenza di Dio.
Questo provocò la rovina degli ebrei, e oggi può produrre la rovina di molti uomini e donne. Migliaia di persone oggi ripetono gli stessi errori dei farisei che condannarono Cristo al banchetto di Matteo. Molti, piuttosto di rinunciare a idee cui sono affezionati o abbandonare alcune opinioni idolatriche, rifiutano di accettare la verità che viene dal Padre della luce. Essi confidano in se stessi, nella loro saggezza e non si rendono conto della loro povertà spirituale. Insistono nel voler essere salvati compiendo alcune opere importanti. (Pag. 200) Quando si accorgono di non poter affermare il proprio io, allora rigettano la salvezza che viene offerta loro. Una religione legalistica non può mai condurre persone a Cristo; è una religione priva di amore. Il digiuno e la preghiera di chi è pieno di se stesso rappresentano un’abominazione agli occhi del Signore. L’assemblea solenne di adorazione, l’insieme delle cerimonie sacre, l’umiliazione esteriore e i sacrifici proclamano che colui che fa queste cose si considera giusto e adatto al cielo: ma è tutta un’illusione. Le nostre opere non possono acquistarci la salvezza. Come ai tempi di Cristo è così anche oggi.
Fine lettura del capitolo 28 di E. White, condensato
NOTA: Il lettore sappia che il capitolo 28, di cui ho riportato poco sopra le pagine da 198 a 200, sono condensate fino al punto in cui si arresta. Questa era la parte che più ci interessava in rapporto alla centralità della parabola. Ho omesso dell’originale solo i due ultimi paragrafi che ho ritenuto meno importanti al fine del nostro studio. Il testo che trovate qui è stato comunque rispettato pienamente nella sua integrità.
NOTA: La Versione della Bibbia citata nelle pagine del capitolo 28 è quella della Nuova Riveduta, NR 1994, Società biblica di Ginevra.
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© Pierluigi Luisetti